Piante carnivore

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Versione del 20 ott 2010 alle 07:49 di Admin (discussione | contributi) (Trappole a colla)

Cosa sono

Le piante carnivore sono piante che ricavano il glucosio, indispensabile per la vita di ogni essere vivente , come qualsiasi pianta, ovvero tramite la fotosintesi clorofilliana. Ma oltre a questo, nei millenni di evoluzione hanno acquisito la capacità di attrarre, catturare e digerire insetti e piccoli animali. Questa esigenza è nata dal fatto che le carnivore si sono dovute adattare alla vita in terreni estremamente avversi alla normale crescita di piante (le torbiere sono estremamente acide, povere di nutrimento e perennemente allagate). L'estrema acidità delle torbiere non permette lo sviluppo dei batteri azotofissatori, e quindi l'azoto organico (che è essenziale per qualsiasi pianta e difatti è uno dei componenti principale di qualsiasi concime reperibile sul mercato) nelle torbiere è estremamente ridotto. Non essendo disciolto nel terreno se non in minime quantità, le piante carnivore, durante l'evoluzione, hanno quindi ridotto (fino a quasi perdere del tutto in alcune specie) la capacità di assorbimento per via radicale di Azoto, conservando però in buona parte la capacità di assorbire Ferro, Potassio, Fosforo, Magnesio ed altri elementi. Questo significa che se aggiungiamo Azoto nel terreno di coltivazione (o più semplicemente le invasiamo in un terreno fertilizzato),tutto l'azoto resterà accumulato nel terreno, avvelenando la nostra pianta (le piante carnivore stanno quindi all'azoto come un essere umano diabetico sta allo zucchero: se gliene forniamo in eccesso, si accumula nei tessuti e diventa tossico). E' inoltre scarsamente tollerata la presenza di alte quantità di calcio nel suolo, che tenderebbero ad innalzare il pH, rendendo meno solubile e quindi meno assorbibile il Ferro per via radicale (indispensabile per la formazione della clorofilla). Ecco quindi spiegato, come vedremo più avanti, il motivo per il quale in coltivazione è consigliata l'annaffiatura con acqua da osmosi inversa o piovana.

Qualsiasi pianta (a parte alcuni rari casi) può assorbire nutrimenti anche tramite le foglie (per questo eistono i cosiddetti "concimi fogliari"), quindi le piante carnivore non hanno fatto nient'altro che specializzarsi fino all'estremo nell'assorbimento di nutrimenti tramite le foglie. Quello che distingue una pianta carnivora da una protocarnivora(che analizzeremo più avanti), non è tanto la capacità di assorbire nutrimento, quanto la capacità di digerire la preda: difatti la difficoltà più grande sta nel riuscire ad estrapolare nutrimento da un insetto (le prede più comuni) che è avvolto da un esoscheletro di chitina (un polisaccaride estremamente resistente). Ecco che quindi le nostre amate piante carnivore hanno fatto diverse scelte evolutive: chi ha scelto di produrre enzimi (come Dionaea,tutte le sarracenie tranne la purpurea, Pinguicula, Drosera, Drosophyllum, Nepenthes) e chi invece (come S. purpurea, Darlingtonia californica, molte Heliamphore) si affida invece alla collaborazione di batteri simbionti.

Tutte le piante che producono enzimi digeriscono le prede in maniera molto simile tra loro: delle amilasi (specifici enzimi) perforano la corazza chitinosa (la perforazione avviene di solito a livello delle articolazioni, dove la parete è, per ovvie ragioni, più sottile e malleabile)dell'insetto. Una volta aperta la strada, gli altri enzimi prodotti (proteasi,esterasi, fosfatasi, ribonucleasi) dalla pianta, sommati alle amilasi si occupano di digerire le parti molli all'interno dell'insetto (in maniera non molto dissimile da quanto fanno la maggior parte dei ragni). Dai fori prodotti dalle amilasi i liquami digeriti escono all'esterno della preda e vengono assorbiti dalla parete della trappola. Lo scheletro chitinoso non è quindi digerito dalla pianta, e quindi, a fine pasto (che dura un tempo variabile da 1 settimana a 20 giorni), lo ritroviamo quasi intatto. La Nepenthes fa eccezione, perchè è in grado di produrre anche acido cloridrico (anche se a bassissima concentrazione Molare), ed è quindi in grado di digerire non solo lo scheletro chitinoso degli insetti, ma addirittura interi animali (in natura sono stati ritrovati resti quasi completamente digeriti di uccelli, rane, lucertole e piccoli roditori....ovviamente la digestione di questi animali dura diversi mesi).


Chi invece si affida ai batteri simbionti, fa in modo da garantire loro condizioni ideali per la proliferazione: difatti queste piante fanno sempre in modo di accumulare acqua piovana all'interno dei loro ascidi (la darligntonia invece produce questa acqua in maniera autonoma, secernendola dalle pareti interne degli ascidi). Questi batteri simbionti digeriranno e si nutriranno della preda, mentre la pianta si limiterà ad assorbire le sostanze disciolte in acqua.

Caratteristiche generali

La stragrande maggioranza delle piante carnivore sono piante perenni (questo significa che, se ben coltivate, potenzialmente possono vivere in eterno), anche se ne esiste qualcuna annuale. La loro riproduzione in natura avviene per lo più tramite seme, ma in coltivazione abbiamo la possibilità di scegliere, in base al genere, anche vie di riproduzione asessuata, che concerne tutti i vari tipi di talea, divisone di stoloni, di tuberi oppure di rizomi

Queste piante sono adattate, come già detto, a vivere in condizioni estreme; quindi paradossalmente non sono competitive in ambienti dove qualsiasi normale pianta prolifererebbe senza problemi.

Drosera paradoxa
Heliamphora
Nepenthes hookeriana

Tipi di trappole

Esistono oltre 700 specie diverse di piante carnivore, che possiamo raggruppare in base al tipo di trappola che hanno sviluppato per la cattura delle loro prede:

  • Trappole ad ascidio: gli insetti vengono catturati da una foglia a forma di brocca dove vengono digeriti da enzimi e batteri che vivono in simbiosi con la pianta;
  • Trappole a colla: sulla foglia si crea una distesa di goccioline che oltre ad attrarre gli insetti, incolla letteralmente l'insetto alla pianta;
  • Trappole a scatto: la pianta con un rapido movimento blocca l'insetto al suo interno;
  • Trappola ad aspirazione: le prede vengono risucchiate letteralmente da delle vescichette che al loro interno sono vuote e in depressione;
  • Trappole a nassa: hanno dei peli che costringono la preda una volta entrata ad andare nella direzione dove poi viene digerita.


Ogni tipo di trappola si è specializzata nel catturare prede di diverso tipo.

Trappole ad ascidio

Le Sarracenie hanno quasi tutte delle trappole a forma di cono con opercolo a protezione dell'ascidio per evitare accumuli eccessivi di acqua. Fà eccezione la sarracenia purpurea , che ha l'ascidio completamente aperto per favorire il suo riempimento di acqua, dove l'insetto annega. Attraggono le prede mediante produzione di nettare e colori vivaci verso il peristoma e quindi l'imbocco dell'ascidio. La superficie del peristoma e la superficie subito all'interno della bocca sono rivestiti da una parete cerata, quindi molto scivolosa. L'insetto è spinto ad avventurarsi in questa zona a causa delle secrezioni zuccherine secrete, che per gravità, tendono a scivolare verso l'interno dell'ascidio.
Una volta caduto all'interno, l'insetto troverà una parete rivestita da una fitta e sottile peluria rivolta verso il basso, sul quale l'insetto non riesce ad arrampicarsi e scivola sempre più in basso. Sono presenti ghiandole digestive (le sarracenie digeriscono lungo tutta la superficie dell'ascidio, tranne che negli ultimi 4-5cm superficiali dove è presente la parete cerata. E' da aggiungere che l'ingegnoso metodo di cattura delle sarracenie è strutturato in modo da impedire anche la fuga di insetti volanti. Sfrutta infatti, esclusivamente nelle Sarracenie ad ascidio eretto (S. flava,S.leucophylla,S.minor,S.alata, S.rubra e S.minor),il teorema di Bernoulli. Questo teorema ci dice che in un condotto contenente un fluido (in questo caso l'aria, mossa dal battito di ali disperato dell'insetto che tenta la fuga), laddove la sezione del tubo è minore, abbiamo più velocità di flusso e minor pressione, mentre dove la sezione del condotto aumenta, abbiamo minor velocità del flusso ma anche maggior pressione. Questo significa che in un condotto conico, l'insetto avrà sempre al di sopra delle sue ali una sezione di condotto più largo e quindi a maggior pressione rispetto a quella al di sotto delle sue ali. In questo modo non riuscirà a creare portanza e non potrà decollare. Le prede più comuni delle Sarracenie ad ascidio eretto sono mosche, vespe, api, farfalle e tanti altri insetti volanti. La S. purpurea cattura anche molti insetti camminatori (scarafaggi, scarabei, formiche ecc.), mentre la psittacina, che vive in ambienti spesso allagati, non di rado cattura anche piccoli invertebrati acquatici.

  • Curiosità: i ragni sono in grado di risalire lungo le pareti dell'ascidio, e spesso si calano all'interno per "rubare" prede alle Sarracenie. Per contro, molti specie di ragni si cibano di alcuni parassiti delle Sarracenie.

Inoltre, nel nettare di S. flava è stata ritrovata, a bassissima concentrazione, la coniina (un potente alcaloide presente anche nella cicuta), che ha la funzione di stordire le prede. Sembra che questo concorra nell'efficacia del sistema di cattura.

Sarracenia leucophylla (L81MK)
Sarracenia alata (A20 MK)
Sarracenia leucophylla L23 MK


La Darlingtonia californica come caratteristiche generali ha un adattamento presente anche nella Sarracenia psittacina e in modo meno evidente nella Sarracenia minor: la trappola è molto simile ad un ascidio di sarracenia con la differenza che sulla sommità vi è rigonfiamento con un piccolo forellino posto al di sotto del rigonfiamento e con la fuoriuscita di due baffi ove si trova del nettare. gli insetti risalendo questi baffi (attratti dal nettare via via più abbondante) si troveranno vicini all'apertura della trappola,che essendo cava e fenestrata (con zone semitrasparenti prive di clorofilla) farà passare la luce del sole , Come avremo notato gli insetti non hanno la percezione del "trasparente" (ecco spiegato il motivo per il quale le mosche si ostinano a sbattere contro il vetro di una finestra magari nonostante l'anta accanto sia aperta), e quindi si accorgeranno di puntare verso una zona in realtà chiusa. Ecco che quindi lo vedremo, una volta finito il pasto, puntare con decisione verso il cielo, sbattendo invece contro l'interno della "cupola" e finendo in fondo all'ascidio, che ha le stesse "misure antifuga" di quello delle Sarracenie.


Darlingtonia Califorica
Darlingtonia Califorica
Sarracenia minor okeefenokensis giant


L' Heliamphora, originaria dei monti Tepui in venezuela, dove c'è una altissima umidità e le precipitazioni sono costanti, ha modificato le sue foglie , facendo divenire le sue trappole dei veri e propri contenitori di acqua , ove proliferano i batteri che digeriscono le prede annegate. Attrae le prede tramite la produzione di nettare da parte di un opercolo fittizio (che ricorda molto un "campanellino"). Per evitare di perdere le sue prede e di riempirsi troppo con le piogge , la selezione naturale ha fatto si che si formasse una sorta di foro di "troppo pieno" appena sotto il labbro dell'apertura dell'ascidio , in modo da poter scaricare l'acqua in eccesso ed evitare il traboccamento. L'unica Heliamphora in grado di produrre enzimi digestivi è la H. tatei.

Heliamphora
Heliamphora
Heliamphora


Il Cephalotus Follicularis, originario dell'australia, è specializzato nella predazione di insetti camminatori (ad esempio formiche, delle quali fa stragi), ha trappole ad ascidio di dimensioni massime intorno a 7-8 cm , con un cappello (opercolo) che protegge il liquido digestivo prodotto dalla pianta che riempie i 2/3 del ascidio.

Cephalotus Follicularis, pianta di Er Biconzo, foto by Giupe77, 2006

Le Nepenthes, originarie del Borneo ed altre isole tropicali,sono le dententrici del record di dimensioni delle trappole, e sono spesso in grado di catturare anche piccoli animali. Attraggono le prede tramite la secrezione di nettare lungo il peristoma e sotto l'opercolo. Una volta scivolati all'interno dell'ascidio, le prede si trovano in un piccolo "stomaco a cielo aperto": presto, la stimolazione delle pareti da parte dell'insetto inviterà la pianta al rilascio di enzimi digestivi.

Nepentes x "ventrinermis, pianta di Er Biconzo, foto by Giupe77, 2006


La Brocchinia, apparenente alla famiglia delle Bromeliacee (alla quale appartengono numerose piante da appartamento) è una carnivora assai particolare: con le sue foglie, cerose e compatte, forma un'urna nel quale centro si acucmula acqua piovana. Gli insetti, scivolano sulle foglie cerose e cadono nel "pozzetto" di acqua piovana, che ristagnando, crea le giuste condizioni per la proliferazione dei batteri simbionti. Difatti, la Brocchinia reducta è in grado di produrre unicamente una fosfatasi, che non sarebbe in grado, da sola, di digerire l'insetto. Ha bisogno quindi, come per altre piante carnivore, della collaborazione di alcuni batteri.

Brocchinia reducta, pianta di Er Biconzo, foto by Giupe77, 2006

Trappole a colla


La Drosera è di sicuro la pianta più rappresentativa tra quelle con trappole adesive. Ha le superfici fogliari ricoperte di lunghi tentacoli, sui quali apici si trovano ghiandole secernenti sostanze terpenoidi (le stesse componenti di molte resine vegetali). L'insetto è attratto dai colori e dalla brillantezza (gli insetti assetati scambiano queste gocce per rugiada) e resta invischiato. A questo punto, i tentacoli, ed in molte Drosere la foglia stessa, lentamente si arrotolano sulla preda (questo fenomeno, che può richiedere da pochi minuti fino ad alcune ore in base alla specie, è detto tigmotropismo, è guidato dall'ormone auxina, ed è lo stesso fenomeno che si osserva in una pianta rampicante che avviluppa una canna di sostegno), intrappolando sempre più la preda ed al contempo esponendo la maggior superficie possibile a contatto con l'insetto: presto le ghiandole digestive secerneranno i loro enzimi, inziando la digestione. Questo tipo di trappola è definita "trappola a colla attiva".

Curiosità: alcune Drosere, come la drosera Burmanii, la sessilifolia o la glanduligera, sono dotati di lunghi tentacoli privi di colla alle estremità della foglia: se stimolati dal movimento di una preda, in pochi secondi vengono ripiegati sulla preda, intrappolandola e premendola contro i tentacoli collosi. Si pensa che questa caratteristica sia stata sviluppata dalle piante sia per evitare la fuga di insetti robusti, sia per evitare il furto della preda da parte di grossi insetti cammninatori.

Drosera
Colla Drosera capensis
Drosera pigmea




La Pinguicula ha foglie ricoperte da due diversi tipi di ghiandole: le prime, dette ghiandole peduncolari, si occupano di produrre una secrezione mucillaginosa, che forma le tipiche goccioline appiccicose visibili sulla superficie fogliare. Questa si occupa principalmente della cattura dell'insetto. L'insetto, in cerca di acqua, è attratto da questa superficie vischiosa e vi rimane intrappolato. A questo punto entrano in gioco il secondo tipo di ghiandole, dette sessili, disposte sulla superficie della foglia e che si occupano della produzione di enzimi quali proteasi, amilasi, fosfatasi e ribonucleasi. I fluidi digeriti della preda verranno assorbiti tramite stomi (in stato quasi perennemente aperto)disposti sulla superficie fogliare.

Curiosita: per evitare la perdita della preda a causa della pioggia (che farebbe scivolare via l'insetto), alcune Pinguicule sono in grado di ripiegare il margine distale della foglia verso l'alto, formano quindi una sorta di "coppa".

Pinguicula x Weser, dettaglio ghiandole peduncolari
Pinguicula x Tina


Il Drosophyllum ha, come la Drosera, foglie ricoperte da tentacoli collosi. Questi però, sono privi di movimento (niente avviluppamento della preda quindi), e la preda rimane semplicemente invischiata e successivamente digerita per contatto. Questo tipo di trappola è quindi definita trappola a colla passiva Il Drosophyllum, è una delle rare piante carnivore a vivere in zone semidesertiche (Marocco, Portogallo), ambiente peraltro condiviso unicamente da alcune specie di Pinguicule messicane: tutte le altre piante carnivore prediligono ambienti estremamente umidi ed acquitrinosi.

Drosophyllum
Drosophyllum

Pianta simile al Drosophyllum è la Byblis anch'essa dotata di trappola a colla passiva.

Byblis

Trappola e scatto

La Dionaea Muscipula è di sicuro la più conosciuta e spettacolare tra le piante carnivore. Dotate di trappole paragonabili a vere e proprie tagliole , queste si chiudono ad una velocità impressionante per una pianta (circa 1/20 di secondo), e se siamo coscienti del fatto che le piante non sono dotate di muscoli, questo dato è ancora più impressionante. La cattura avviene nel seguente modo: l'insetto, attratto da colori sgargianti e da un vero e proprio nettare secreto dalle ghiandole nettarifere all'interno della trappola, tocca i peletti sensitivi (detti in inglese "triggers", cioè grilletti), cio disposti sulle pagine interne dei 2 lobi della trappola. La stimolazione dei peletti provoca l'apertura di canali ionici nelle membrane cellulari delle cellule alla base di questi peli, generando una serie di potenziali d'azione, che verranno propagati alle cellule della nervatura mediana (ovvero la zona di insersione dei due lobi). Queste cellule rispondono allo stimolo con il pompaggio in ambiente extracellulare di ioni potassio. Questo causa quindi perdita per osmosi di acqua, provocando il collasso delle cellule della nervatura e quindi un afflosciamento dei due lobi (che erano tenuti in tensione dalla pressione di turgore) Inoltre, visto l'abbassamento del pH, è stimolata (con la collaborazione dell'ormone auxina) una rapida crescita volumetrica cellulare (detta espansione acida). Questo ci fa capire che la rapidità di movimento è ottenuta tenendo la trappola perennemente in uno stato di tensione, tensione che viene rilasciata di colpo al momento della cattura, generando una sorta di "effetto molla",sottolineata dall'inversione di convessità/concavità dei lobi rispettivamente nella posizione di apertura e nella posizione di chiusura. La pressione evolutiva ha fatto in modo di limitare alla Dionea il numero di false catture: difatti un solo stimolo di un pelo sensitivo (che potrebbe essere effettuato da un colpo di vento o una goccia di pioggia) non è sufficiente a far chiudere la trappola: sono necessari due stimoli consecutivi (la trappola ha una "memoria" di circa 10 secondi) dello stesso pelo sensitivo oppure lo stimolo di due diversi peli sensitivi in contemporanea: a questo punto la Dionaea "sente" che effettivamente c'è qualcosa di grosso nella trappola e repentinamente chiude la trappola. Una volta effettuata la chiusura rapida, la dionaea resta in attesa, non serrando completamente la trappola: questo è un ulteriore controllo prima di procedere alla digestione (non sarebbe produttivo iniziare la digestione di una foglia caduta dentro, non trovate?). Difatti, se la pianta ha catturato un insetto, questo si muoverà tentando la fuga, continuando la stimolazione dei peletti sensitivi:se questa stimolazione verrà prolungata per diversi minuti, la Dionaea sigillerà completamente la trappola, trasformandola in una camera digestiva. In caso di cattura di qualcosa di non animato, nel giro di qualche ora nei lobi verrà di nuovo pompata acqua, facendo riaprire la trappola. Un'altra particolarità riguarda la digestione: se esaminiamo la pagina interna della trappola, noteremo che è rivestita da una fitta cuticola. Sfortunatamente questa cuticola riveste anche le ghiandole secernenti gli enzimi digestivi; la Dionaea quindi, prima di poter cominciare a digerire la preda, deve esporre le ghiandole digestive digerendo prima la cuticola stessa. Entrano in gioco quindi esterasi, proteasi, fosfatasi e nucleasi,che perforeranno l'esoscheletro chitinoso della preda e lo digeriranno dall'interno. I fluidi drenati dal cadavere saranno poi assorbiti dalle pareti cellulari prive di cuticola. La digestione completa avviene di solito in 1-2 settimane, e nel caso di prede troppo grandi (e quindi troppo ricche di nutrimento) la trappola arirva subito a "fine carriera", assorbendo quanto più possibile e poi seccando.


  • Curiosità: sembra che la trappola della Dionaea sia sensibile agli acidi urici (la pipì insomma :) ) degli insetti: difatti, se posta sulle superfici interne dei lobi, si produrrà la chiusura della trappola, anche in assenza di stimolazione dei peli sensitivi.
Dionea Long Erect Petiole
Dionea Royal Red
Interno di trappola di Dionaea con preda digerita: sono visibili i peletti sensitivi. Pianta di Morghana, foto by Larhalt



In maniera analoga si comporta l'Aldrovanda, considerata dai coltivatori come una "Dionaea acquatica". Difatti ha anch'essa trappole a scatto, molto simili per forma (ma non per dimensioni) a quelle della Dionaea (da questo si presume che entrambe abbiano avuto un progenitore ancestrale comune), ed anche la chiusura avviene in maniera molto simile per stimolazione di peletti sensitivi all'interno della trappola (in numero molto maggiore a quelli della Dionaea). La chiusura avviene in circa 1/2 secondo, cosa straordinaria se si pensa che all'interno della trappola ovviamente c'è dell'acqua che aumenta enormemente l'attrito di chiusura.

Aldrovanda vesiculosa

Trappola ad aspirazione

Le Utricularie (delle quali ne esistono sia terresti che acquatiche) sono le uniche piante carnivore dotate di trappole ad aspirazione.

Queste piante sono dotate di trappole (sotterranee nel caso di Utricularie terrestri, natanti nel caso di U. acquatiche), a forma di sacco, delle dimensioni variabili da 1 a 5 mm, dette utricoli. Questi generano una depressione interna attraverso il pompaggio all'esterno di ioni provocando una fuoriuscita d'acqua e, conseguentemente,la creazione del "sottovuoto" all'interno di queste trappole. Nelle specie acquatiche, l'ingresso della trappola è munita di due lunghi peli "grilletto" (con effetto simile a quello delle Dionaee). Gli sventurati costituenti la microfauna di una torbiera (o di uno stagno nel caso di U. acquatiche) che si trovassero a passare casualmente nei pressi di questi utriculi, non avrebbero scampo: la generazione di un potenziale d'azione produce una repentina apertura dell'ingresso dell'utricolo sottovuoto, con conseguente risucchio all'interno di acqua,torba e preda all'interno della vescicola, dove poi avverrà la digestione. Curiosità: non è raro osservare in Utricularie acquatiche (particolarmente ghiotte di larve di zanzare, spesso più grandi delle trappole stesse) prede ancora vive intrappolate all'interno degli utricoli (che sono trasparenti).


Utricularia
Utricularia calycifida
Utricularia livida

Trappole a nassa

Questo tipo di trappola e tipica della Genlisea (pianta terrestre ma che vive con le radici, e le trappole, immerse in acqua) , ed è specializzata nella cattura di protozoi acquatici , ha una o più trappole sotterrane dalla forma Y capovolta che fungono come le nasse per le aragoste, cioè favoriscono l'entrata della preda, che una volta entratanon può più uscire, grazie a dei peletti rivolti verso le profondità (in questo caso, la zona più alta, essendo il foro di entrata in basso) della trappola, dove avviene la digestione.


Piante protocarnivore

Si definisce protocarnivora una pianta in grado di attrarre , uccidere e ma non digerire autonomamente le proprie prede.

Le piante più conosciute come proto carnivore sono la Roridula e la Catopsis Berteroniana.

Roridula gorgonias
La Roridula produce sulle sue foglie una vera e propria resina, molto più appiccicosa della colla di qualsiasi pianta carnivora.

Non ha però capacità digestive (non è stata riscontrata alcuna attività enzimatica) ed ha quindi sviluppato una rapporto di simbiosi con due particolari insetto: Pameridea roridulae che vive indifferentemente su Roridula Gorgonias che su Roridula Dentata, e Pameridea marlothii che vive esclusivamente sulla Roridula Dentata. Questi insetti, la cui prosperità è legata esclusivamente alla possibilità di vivere sulle Roridule (non sono altrimenti in grado di procurarsi cibo se non quello che resta intrappolato sulla pianta), riescono a non rimanere invischiati nella resina, si nutrono degli insetti rimasti intrappolati sulla Roridula, dopodichè defecano sulle foglie. Queste feci fungono da vero e proprio concime fogliare per la Roridula.


La Catopsis berteroniana ha lo stesso metodo di cattura della Brocchinia reducta: le prede finiscono nella sua urna ricolma di acqua, dove grazie ad al lavoro di batteri vengono digerite e quindi assorbiti dalla pianta. Non è stato però isolato alcun enzima digestivo prodotto da questa pianta.


Altre piante Protocarnivore meno famose ma non meno belle sono la Ibicella Lutea e la Proboscidea louisianica, piante molto simili ad una comune pianta di zucca, ma interamente rivestite di una peluria appiccicosa e vischiosa che cattura moltissimi insetti , ma non producono alcun enzima atto alla digestione. Si pensa che questo sia un meccanismo di protezione (comune in molte altre piante, come tabacco o pomodori) per difendersi dai parassiti.

Proboscidea louisianica
fiore di Proboscidea louisianica




Coltivazione

Esistendo diversi generi e specie di piante carnivore, è ovvio che la coltivazione varierà di volta in volta. Ma la maggior parte delle piante carnivore presentano un file comune:


  • Terreno acido e povero di nutrimenti,in grado di resistere a condizioni di perenne allagamento per diverso tempo (anni) senza marcire; che individuiamo nella torba acida di sfagno
  • Sostanza drenante da aggiungere al substrato per limitarne il compattamento e favorire la formazione di "sacche d'aria" in un substrato quasi perennemente sommerso; che individuiamo in perlite, sabbia di quarzo od altri materiali inerti (c'è addirittura chi usa delle piccole biglie di vetro).
  • Un sottovaso sempre ricolmo d'acqua, possibilmente da osmosi inversa, distillata (quella per le batterie d'auto va benissimo) o piovana, in modo da non variare il pH della torba (l'acqua di rubinetto contiene calcare ed altre sostanze nocive, che alla lunga deteriorerebbero il substrato, inficiando con la qualità della vita delle piante carnivore).

Ogni pianta avrà poi le proprie esigenze in base alle zone di origine: una pianta temperata,ovvero proveniente da climi simili a quello mediterraneo, durante l'inverno entrerà in uno stato di quiescenza (una sorta di letargo) definito "riposo vegetativo". In questo periodo piante come le Sarracenie e Dionaee rallenteranno fino a bloccare del tutto la produzione di foglie (che anzi in parte seccheranno). Altre piante, come le Drosere temperate o le Utriculaie acquatiche, produrranno una sorta di "bozzolo invernale" definito rispettivamente ibernacolo e turione, in attesa del ritorno della primavera.

In questo periodo è essenziale, in coltivazione, limitare l'apporto idrico in modo da scongiurare il rischio di attacchi funginei su piante praticamente indifese



Parassiti e Malattie

Le piante carnivore, come tute le piante, sono soggette a malattie ed attacchi parassitari.

(mettere due righe sul sistema immunitario)

Evoluzione

Ricostruire con certezza l'evoluzione di queste piante è davvero cosa ardua , dato ci sono solo pochissimi reperti fossili ritrovati. Le tracce che sono arrivate fino a noi sono solo pollini o semi , dato che sono piante erbacee non hanno parti da fossilizzare come invece accade agli alberi dato che hanno un tronco, ad ogni modo le varie trappole non sarebbero potute arrivare fino a noi.

Si possono però ricavare dalle sembianze delle trappole di oggi , da cosa derivino le forme che hanno preso, per esempio le Dionaea e le Aldrovanda mostrano a livello molecolare una sintomatica correlazione con le Drosere e si può presumere che delle piante a colla con notevole velocità nel movimento dei peli che vi sono sulla foglia, si siano evoluti fino ad ottenere delle trappole a scatto. Guardando sia le Sarracenie e ancor più visibile nella Heliamphora , si vede chiaramente come le foglie si sia arrotolata su se stessa , e in alcune piante di questo genere a inizio ripresa vegetativa la formazione di ascidi non è completa lasciando aperta la trappola.



  • Autori: Er Biconzo; Francesco "Raistlin" Farruggia
  • Fonte IMG: utenti del forum CPI